Sogni e fallimenti dell’economia
13/10/2024
Marta Marcora
L’incontro con Carlo Cottarelli, che si è tenuto lunedì 7 ottobre 2024 presso il Castello di Novara, ha chiuso il ciclo di conferenze della decima edizione del Festival della Dignità Umana. Cottarelli, una delle voci italiane più autorevoli in ambito economico, vanta una lunga carriera professionale che include incarichi presso la Banca d’Italia, l’Eni, e il Fondo Monetario Internazionale. Ha inoltre guidato l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano e insegnato all’Università Bocconi. Dopo aver rassegnato le dimissioni da senatore nel maggio 2023, è attualmente a capo del Programma per l’Educazione nelle Scienze Economiche e Sociali presso l’Università Cattolica. Parallelamente al suo impegno come economista e politico, Cottarelli ha coltivato la sua vocazione divulgativa attraverso una solida attività di editorialista e saggista. Tra le sue pubblicazioni più recenti figura Chimere. Sogni e fallimenti dell’economia, che ha costituito il nucleo del suo intervento al festival.
Chimere. Sogni e fallimenti dell’economia
Nel suo libro, pubblicato nel 2023, Cottarelli si propone di illustrare il funzionamento di alcune forze economiche che hanno profondamente influenzato la nostra vita quotidiana negli ultimi decenni. Il filo conduttore dei temi trattati non risiede solo nella loro rilevanza, ma anche nella loro natura: tutte le tematiche, infatti, “riflettono sogni che avrebbero dovuto migliorare il mondo in cui viviamo”[1], ma che purtroppo non hanno prodotto i risultati sperati. Come ci ricorda l’autore, “la linea di demarcazione tra sogno e utopia è spesso sottile”[2], tuttavia, per (quasi tutte) le tematiche affrontate, è ancora prematuro concludere se, nel lungo periodo, esse possano realmente realizzarsi. Cottarelli lancia quindi un appello: sognare non è sufficiente, ma è fondamentale agire concretamente per trasformare i sogni in realtà[3].
La prima aspirazione infranta riguarda le criptovalute, nate con l’ambizione libertaria di creare un sistema monetario e di pagamento indipendente dal potere delle banche e dello Stato. Nel caso del bitcoin, moneta capostipite, questo obiettivo si fondava essenzialmente su due principi: garantire l’anonimato nelle transazioni e regolare l’emissione della moneta attraverso un algoritmo. Nonostante ciò, le criptovalute sono diventate oggetto di intensa speculazione finanziaria, provocandone la forte volatilità e snaturando l’idea originaria[4].
Il secondo tema riguarda l’indipendenza delle banche centrali, un modello adottato su larga scala dagli anni ’80 per sottrarre la gestione della politica monetaria ai governi e tenere sotto controllo l’inflazione.[5] Tuttavia, l’aspettativa che questa indipendenza potesse garantire una gestione efficace e stabile dei prezzi è stata smentita dalla pandemia di Covid-19. Le banche centrali, infatti, non sono state in grado di rispettare il loro mandato e l’inflazione in Europa ha raggiunto il 10,6% nel novembre 2022[6]. Nonostante il fallimento di fronte a questa crisi senza precedenti, Cottarelli resta un fermo sostenitore dell’indipendenza delle banche centrali, ritenendo che la politica monetaria debba essere gestita da tecnocrati piuttosto che da politici[7].
Si passa poi alla liberalizzazione finanziaria, avviata alla fine degli anni ’70 con l’obiettivo di aumentare la crescita economica mondiale. Negli anni però, il settore finanziario è cresciuto in maniera sproporzionata rispetto all’economia reale, determinando un incremento significativo dei rischi finanziari e culminando nella crisi globale del 2008-09[8]. Sebbene le regolamentazioni introdotte successivamente abbiano contribuito a ridurre alcuni di questi rischi, essi permangono in quantità notevolmente più elevate rispetto al periodo precedente alla liberalizzazione.
È quindi il turno della globalizzazione, frutto della rimozione dei vincoli commerciali a livello mondiale, che ha favorito e stimolato il commercio internazionale. Questo fenomeno ha generato grandi benefici, sollevando dalla povertà assoluta un miliardo di persone nei paesi emergenti. Tuttavia, nei paesi avanzati ha comportato una riduzione del potere contrattuale dei lavoratori e ha favorito una redistribuzione del reddito a vantaggio delle fasce più abbienti. Inoltre, la globalizzazione ha aumentato la dipendenza reciproca tra i paesi, rendendo le lunghe catene di valore vulnerabili a interruzioni improvvise. L’economista evidenzia come le risposte geopolitiche a questi cambiamenti hanno determinato una riduzione del commercio internazionale, tuttavia ritiene che la soluzione futura non sarà l’autarchia, ma piuttosto la rilocalizzazione della produzione in paesi amici o vicini[9].
Vengono poi affrontate la rivoluzione informatica e il sogno ad essa connesso di liberare l’umanità dalla necessità di lavorare, aumentando la produttività e migliorando gli standard di vita. Purtroppo però la produttività del lavoro, anche nei paesi più tecnologicamente avanzati, negli ultimi decenni ha rallentato, infrangendo le molte aspettative legate allo sviluppo della Information and Communications Technology[10]. Un altro mito infranto riguarda l’economia del gocciolamento, secondo cui ridurre le tasse a chi ha un reddito più elevato dovrebbe giovare a tutti, anche i redditi più bassi. Tuttavia, l’autore sottolinea che la distribuzione del reddito negli ultimi quarant’anni negli Stati Uniti, dove la riduzione della progressività è stata significativa[11], non ha realmente favorito la redistribuzione della ricchezza, ma al contrario, essa si sia concentrata sempre di più nelle mani di pochi.
Una crescita senza fine: i vincoli ambientali
Resta quindi il sogno ultimo, “quello di una crescita infinita ma in equilibrio con il pianeta“[12]. È proprio su questo punto che Cottarelli esprime le maggiori preoccupazioni, temendo che un brusco risveglio sia imminente se non si cambierà rapidamente direzione. “Stiamo sognando troppo a lungo“, avverte, “e nel mentre, non facciamo quello che sarebbe necessario per rendere il sogno di una crescita sostenibile una realtà. C’è ancora tempo, è vero, ma purtroppo è in questo campo che dobbiamo renderci conto che sognare non è abbastanza“[13].
Sebbene la crescita economica finora non sia stata limitata dalla scarsità o dall’esaurimento delle risorse naturali e, secondo alcune previsioni, non lo sarà neanche nel prossimo futuro, i veri limiti della crescita si stanno manifestando in maniera sempre più evidente sotto forma di impatti negativi sulla qualità della vita[14]. Tra questi, l’aspetto più critico e urgente riguarda il riscaldamento globale e l’effetto dell’attività economica su di esso.
La persistente dipendenza dalle fonti energetiche fossili ha portato al centro del dibattito sui limiti della crescita l’inquinamento atmosferico, in particolare l’eccessivo accumulo di diossido di carbonio (CO2), responsabile dell’aumento delle temperature globali. Cottarelli con tono preoccupato, afferma: “Abbiamo il delitto (il riscaldamento globale), l’arma del delitto (le emissioni di gas serra) e il colpevole (l’umanità). Eppure, il colpevole continua a delinquere”[15]. Nonostante riconosca le difficoltà legate all’adozione di misure per contenere il riscaldamento globale, come il divario tra costi presenti e benefici futuri o le disparità tra paesi emergenti e sviluppati, Cottarelli sostiene con fermezza la necessità di intraprendere il percorso verso la decarbonizzazione, ovvero la riduzione delle emissioni di CO2. Per l’economista, questa è una sfida imprescindibile per garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni.
Futuro del Green Deal Europeo
La strada delle iniziative per contrastare il cambiamento climatico è lunga. Il primo accordo internazionale mirato a stabilire obiettivi concreti per il contenimento del riscaldamento globale è stato il Protocollo di Kyoto, adottato nel 1997 ed operativo dal 2005[16]. Sebbene firmato da oltre 190 paesi, solo 36 nazioni industrializzate erano soggette a obblighi vincolanti, in quanto ritenute le principali responsabili fino a quel momento. Nel 2015, l’Accordo di Parigi, ha esteso l’impegno alla riduzione delle emissioni a tutti i 195 paesi firmatari, con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2°C e di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050. Tuttavia, l’accordo non prevede un piano di riduzione unico e vincolante per tutti, ma ogni Stato è libero di stabilire il proprio. Ad esempio, la Cina ha fissato il suo target per il 2060 e l’India per il 2070.
Per rafforzare l’azione climatica quindi, nel 2019 la Commissione Europea ha lanciato il Green Deal Europeo, un ambizioso pacchetto di iniziative strategiche volto a guidare l’UE verso una transizione verde. L’obiettivo principale è ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ponendo l’Europa in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico[17].
I risultati delle ultime elezioni europee hanno, però, sollevato preoccupazioni per il futuro della transizione ecologica. In particolare, i partiti ambientalisti hanno registrato un notevole calo, mentre i gruppi di estrema destra, che si sono opposti a elementi chiave del piano di transizione, hanno ottenuto un successo elettorale considerevole[18]. La rielezione di von der Leyen e la presentazione delle lettere di missione della sua squadra hanno successivamente riaffermato il Green Deal come un elemento centrale della futura politica dell’Unione, come testimoniato dalle parole della Presidente che afferma che “il successo della nuova Commissione sarà misurato sulla capacità di raggiungere gli obiettivi fissati, in particolare quelli del Green Deal”[19].
Tuttavia l’opposizione a queste spinte europee cresce e si fa sentire anche nel nostro paese, nonostante la “detestata legge sul clima”[20], che include il divieto di produrre motori endotermici dal 2035, sia stata votata anche dall’Italia. Durante la sua prima assemblea il 18 settembre 2024, il nuovo presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha dichiarato: “Il Green Deal è impregnato di troppi errori, la decarbonizzazione inseguita al prezzo della deindustrializzazione è una debacle”[21]. Alle sue parole ha poi fatto eco la Premier Meloni[22], definendo i risultati del Green Deal “disastrosi e frutto di un approccio ideologico” ed affermando il proprio impegno “per correggere queste scelte.” A sostegno di questa posizione troviamo anche Adolfo Urso, Ministro delle imprese e del Made in Italy, che ha ribadito la necessità di “una revisione drastica del Green Deal che si è dimostrato un incubo per le imprese e i lavoratori europei”[23].
Gli obiettivi di decarbonizzazione in Europa sono ancora lontani dall’essere raggiunti, e l’Italia non si distingue favorevolmente rispetto ad altri paesi europei. Secondo il rapporto “Europa, un voto per il clima”, del Centro studi Italy for Climate, mentre i risultati dell’industria italiana si sono rivelati eccellenti, i progressi nel settore dei trasporti e degli edifici sono stati praticamente nulli[24].
A confermare le parole di Cottarelli e le spinte europee è arrivato, il 9 settembre 2024, il rapporto sulla competitività europea redatto da Mario Draghi su incarico di Ursula von der Leyen. In questo ampio documento, la decarbonizzazione riveste un ruolo centrale essendo una delle tre azioni fondamentali per garantire il futuro dell’Unione Europea. Draghi sottolinea che, se accompagnati da un piano coerente e collettivo, gli obiettivi climatici dell’Europa rappresenteranno un’opportunità significativa per l’Unione[25]. Tuttavia, avverte che, senza un adeguato coordinamento delle politiche europee, la decarbonizzazione potrebbe ostacolare la competitività e la crescita. Nel documento infatti afferma “la decarbonizzazione deve avvenire per il bene del nostro pianeta. Ma affinché diventi anche una fonte di crescita per l’Europa, avremo bisogno di un piano congiunto che abbracci le industrie che producono energia e quelle che consentono la decarbonizzazione, come la tecnologia pulita e l’industria automobilistica”[26].
Risulta quindi evidente, che sono necessarie e urgenti azioni concrete per trasformare il sogno in realtà. Tali azioni, però, possono essere realizzate solo se coordinate da un’Europa unita, piuttosto che da un’Europa delle nazioni; senza tralasciare che, accanto a competitività ed economia, sulla bilancia pesa anche il futuro delle nuove generazioni[27], un futuro che può essere oggi costruito solo limitando l’impatto ambientale e salvaguardando il nostro pianeta.
[1] Cottarelli, C. (2023). Chimere. Sogni e fallimenti dell’economia. Feltrinelli, p.11
[2] Ibidem
[3] Ibidem, p.170
[4] Ibidem, p. 28
[5] Ibidem, p.39
[6] Ibidem, p.54
[7] Ibidem, pp.60-61
[8] Ibidem, pp.70-73
[9] Cottarelli, C. (2023). Chimere. Sogni e fallimenti dell’economia. Feltrinelli, p.106
[10] Ibidem, p.125
[11] Ibidem, pp.131-132
[12] Ibidem, p.170
[13] Ibidem, p.170
[14] Ibidem, p.149
[15] Ibidem, p.151
[16] Ibidem, p.160
[17] “Il Green Deal europeo di Von der Leyen tra visione e pragmatismo.” Corriere della Sera, 19/07/2019
[18] “Cosa cambierà nel green deal dopo le elezioni europee.” Internazionale, 14/06/2024
[19] “Von der Leyen punta ancora sul Green Deal: lo rivelano gli incarichi dati ai commissari.” La Repubblica, 19/09/2024
[20] “Timori e illusioni; l’ambiente e i costi dei ritardi.” Corriere della Sera, 25/09/2024
[21] “Meloni all’assalto del Green Deal “È disastroso, lo cambieremo”.” La Repubblica, 19/09/2024
[22] “Meloni a Confindustria: “Risultati disastrosi dal green deal europeo”.” La Stampa, 18/09/2024
[23] “Meloni a Confindustria: “Risultati disastrosi dal green deal europeo”.” La Stampa, 18/09/2024
[24] “Italia, gli obiettivi della decarbonizzazione sono ancora lontanissimi, purtroppo.” Il Sole 24 Ore, 28/08/2024
[25] Draghi, M. (2024). The future of European competitiveness. Part A | A competitiveness strategy for Europe, European Commission.
[26] Ibidem, p. 3
[27] “Solo il Green deal salva l’ambiente.” La Stampa, 19/09/2024